Diciamo la verità sulle tariffe elettriche

Di Tazio Borges

A cinque anni dall’inizio della liberalizzazione, la bolletta elettrica per le famiglie italiane e per le piccole e medie imprese, rimane la più alta d’Europa.

Sicuramente le cause principali degli alti costi della bolletta elettrica risiedono nella scarsa concorrenza del settore, dovuta all’incombenza dell’operatore dominante Enel, nella insufficiente offerta di energia elettrica, nella scarsa efficienza di molti impianti di produzione e nell’elevato utilizzo di petrolio e gas, più costosi rispetto altre fonti.

Si tratta di elementi ben noti, la cui soluzione richiede tempo e investimenti cospicui e che tutti gli addetti ai lavori conoscono.

Quello che è meno noto, è quell’insieme di ulteriori costi che concorrono a mantenere alto il prezzo dell’energia elettrica e che di fatto penalizzano i clienti vincolati, ovvero quelli che non possono scegliere il fornitore di energia elettrica. 

Ma vediamo in dettaglio quali sono questi extra-costi e quanto “pesano” sulle bollette, basandoci su una ricerca commissionata da Adiconsum e realizzata da un qualificato istituto di ricerca (ref. ricerca e consulenza per l’economia e la finanza)

Vedi: http://www.adiconsum.it/Sala%20Stampa/ComunicatiStampa/2005(13.07)Comunicato.Energia(Workshop).shtml

1.       La rendita di posizione Enel relativa alla cessione all’Acquirente Unico dei contratti di import di lungo periodo. Dopo la liberalizzazione, l’Acquirente Unico ritira tutta l’energia importata dall’Enel sulla base di vecchi contratti pluriennali, ma pagandola al vecchio prezzo amministrato. Ora il prezzo del contratto di importazione di Enel è segreto. Però considerando che l’import attuale vale 36 Euro/MWh e il vecchio prezzo amministrato era di 51 Euro/MWh, dal 2003 ad oggi il maggior esborso è stato almeno di 250 milioni di Euro all’anno.

2.       La distribuzione in modo iniquo delle importazioni di energia a basso costo fra mercato libero e mercato vincolato.  Secondo il decreto Bersani, la capacità di importazione deve essere allocata equamente tra mercato libero e mercato vincolato. Di fatto l’Acquirente Unico riceve solo il 26% della capacità di importazione a fronte di quasi il 50 % delle domanda servita.

3.      La legge del dicembre 2003 sul costo d’interrompibilità.  A partire da 2004 per i clienti industriali che si dichiarano disponibili a interruzioni di fornitura è previsto uno sconto esplicito pari a 21 Euro al MWh (pari a 41 vecchie Lire al kWh). Questa legge ha ingiustificatamente ampliato il costo di un servizio per la sicurezza del sistema, per diventare un modo per garantire energia a basso costo a settori con elevati consumi (essenzialmente i settori siderurgico e alluminio). L’esborso è stimato in 400 milioni di Euro all’anno.

4.       L’incentivazione delle fonti  assimilate alle rinnovabili ai sensi del CIP 6. In base alla Deliberazione n. 6 del Comitato Italiano Prezzi del 1992, tutta una serie di fonti e di tecnologie, quali  scarti di lavorazione del petrolio, rifiuti, cogenerazione a gas naturale, beneficiano di un regime di sostegno che viene retribuito con i fondi raccolti tramite le bollette elettriche e destinati alle energie rinnovabili. Il problema è che queste cosiddette fonti assimilate, che non hanno nulla di rinnovabile, rappresentano ormai  il 76% degli incentivi distribuiti. L’aggravio di costo per le fonti assimilate è stimato in 1,4 miliardi di Euro all’anno

5.       La concessione dei Certificati Verdi all’energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili. L’energia prodotta utilizzando i rifiuti e quella derivante dalla cogenerazione per teleriscaldamento non può essere considerata rinnovabile. Allargando i Certificati Verdi anche a fonti non propriamente rinnovabili porta il nuovo meccanismo a ripetere le distorsioni del CIP6.

6.       I criteri di attribuzione degli oneri connessi alle attività di ricerca e sviluppo. Una quota dei cosiddetti oneri impropri (componete A5) viene interamente versata alla società Cesi Spa, ente privato controllato da Enel, Terna, GRTN e altre 20 società attive nel settore elettrico. I consumatori si trovano pertanto a finanziare l’attività di ricerca di un soggetto partecipato dalle società di generazione per progetti non condivisi, né disponibili per l’utenza finale e i cui vantaggi per la collettività non sono per niente chiari.

7.       I costi di transizione (i cosiddetti stranded cost, ovvero i rimborsi alle imprese per gli investimenti che avevano effettuato prima della liberalizzazione), i quali di fatto sono serviti per rimpinguare gli extra profitti dei produttori (per il 60% ne ha beneficiato Enel), come chiaramente risulta dai bilanci aziendali. Non si capisce in particolare come tali costi possano essere raddoppiati rispetto a fine 2004 a fronte della forte crescita degli utili registrata dalle imprese di generazione negli ultimi tre anni.

8.       Le recenti disposizioni di legge, che hanno sottratto alla SOGIN 100 milioni di euro (destinati a coprire le integrazioni alle comunità locali che ospitano le scorie nucleari) per finanziare la riduzione dell’IRPEF, e quella che ha introdotto l’ICI sulle centrali elettriche. Questi ulteriori costi rischiano di essere trasferiti sulle tariffe

9.       Infine il meccanismo di formazione del prezzo nella Borsa Elettrica (IPEX) che non viene preso in considerazione nella ricerca commissionata da Adiconsum, ma che incide notevolmente sull’innalzamento delle tariffe elettriche.  Sovente si tende ad equiparare la formazione dei prezzi in IPEX a quella tipica di una borsa valori. In realtà, il prezzo che emerge in IPEX non è generato da dinamiche di domanda/offerta del tipo "pay as bid" (ove la logica è: se offro azioni ad un dato  prezzo, vendo se incrocio chi acquista quella quantità a quel prezzo), ma piuttosto il prezzo si forma  con la logica - come appena si è accennato - del cosiddetto "prezzo marginale".

Cosa significa "prezzo marginale"? Il concetto è in realtà molto semplice: per ogni ora del giorno, in IPEX (fatte salve logiche di prezzi zonali) il prezzo orario per tutta la partita di energia in acquisto/vendita è scambiato ad un unico valore, che è pari al prezzo più elevato della centrale meno efficiente dispacciata.

Il che significa che anche offerte di vendita elettrica proposte in IPEX a prezzi molto più bassi (si pensi ad esempio all'energia idroelettrica, che ha costi marginali di generazione molto ridotti) sono comunque "pagate" a tale prezzo massimo: quindi nelle ore ad elevato carico, quando sono dispacciate anche centrali poco efficienti, il prezzo della più inefficiente centrale si riverbera con forte penalizzazione su tutta la quantità acquistata.

Questo fa sì che l’Italia sia diventato il paese del “bengodi” per i produttori di Energia Elettrica: mentre negli altri paesi europei il margine di guadagno è intorno ai 10 Euro al MegaWattora, in Italia il margine è a 18 Euro/MWh.

Fate un po’ il conto quanto è l’extra-guadagno, su una produzione annuale di 280 milioni di MWh, che si ripartiscono le società elettriche, Enel in testa. (oltre 1,5 miliardi di Euro all’anno).

Sommando tutti questi oneri che vengono pagati dai consumatori, si arriva alla cifra considerevole di quasi 6 miliardi e mezzo di Euro, pari a circa 12.000 miliardi delle vecchie lire. Ciò significa che in Italia le bollette sono gonfiate di circa il 20%.

E’ evidente che molte delle voci che costituiscono la tariffa finale pagata dalla famiglie e dalle piccole e medie imprese vanno a coprire oneri causati da operazioni più o meno improprie di ridistribuzione tra i vari attori del mercato elettrico e soprattutto a garantire buoni dividendi al Tesoro, che nella situazione attuale è l’ultimo ad essere interessato a ridurre le proprie entrate.

Ovviamente si tratta di mettere in discussione diritti acquisiti, di non prorogare benefici a favore di categorie particolari e soprattutto di impedire incursioni sulla bolletta per coprire il deficit pubblico.

Sicuramente non sarà facile, data la sofferenza dei conti pubblici che induce lo Stato a rastrellare risorse con tasse e gabelle dai servizi pubblici essenziali. Però bisogna avere almeno il coraggio di contrastare gli interessi di quelle aziende, e sono tante, che hanno preso il nostro Paese come terra di conquista per fare “soldi facili”.

Ma soprattutto bisogna dire basta a tutti quegli avvoltoi e vecchie cariatidi che approfittano dell’ignoranza popolare per insinuare negli italiani il nuovo tarlo dell’energia nucleare come panacea di tutti i mali.