Energia Elettrica in Lombardia: non servono nuove centrali ma risparmio e rinnovabili di Giorgio Schultze Presidente
Fabbrica del Sole srl
Rappresentante
di Legambiente presso l’Authority per l’Energia Tutto spinge nella direzione “inesorabile” della costruzione di nuove centrali. Lo stesso black-out della notte tra il 27 e il 28 settembre scorso (durante un sabato mite, senza alcuna punta di potenza assorbita, senza alcun motivo accertato…) pur restando “inspiegabile” è stato immediatamente preso, con straordinario tempismo, da parte del Ministero dell’Industria, del GRTN e del coro uanime di produttori, come pretesto e giustificazione per riproporre la costruzione di nuove centrali di potenza. Per l’ennesima volta, dopo 30 anni dalla prima grave crisi energetica del 1973, nonostante Chernobyl e un referendum, si risente parlare addirittura di “nucleare”. Il “risparmio energetico” è visto come contingentamento, come misura estrema e non come base di una reale politica energetica e sviluppo dell’innovazione teconologica. Ma
questa vecchia impostazione si ritrova già nei documenti ufficiali della
pianificazione energetica nazionale e regionale. In particolare nel Programma Energetico Regionale della Lombardia (ultima versione 16, del 6.3.2003) viene dato un discreto spazio allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili (FER) e agli interventi relativi al risparmio energetico ed a tutto ciò che riguarda il demand side management (DSM). Questo però solamente come elencazione di possibili azioni senza fissare obiettivi quantitativi precisi nei bilancio di previsione al 2010. Anche nello specifico scenario relativo al “bilancio elettrico” al 2010 (v. tabella 1) le FER sono citate per mostrarne la loro sostanziale “irrilevanza” (si prevede di passare da 13.611 GWh del 2000 a 15.157 GWh nel 2010 con un incremento di poco superiore all’11,4% in 10 anni, molto lontani dal raddoppio auspicato in sede di “libri bianchi” della UE e del CIPE). Diverso
trattamento e attenzione viene riservata allo sviluppo dell’offerta di fonti
non rinnovabili in impianti convenzionali di potenza: si passerebbe da 27.985
GWh del 2000 a 60.905 o addirittura a 66.922, a seconda degli scenari del 2010,
con incrementi variabili tra il 117 e il 140%. Il
risparmio in generale ed
“elettrico” in particolare, nonostante il notevole potenziale dichiarato in
relazione (variabile tra il 25 e il 40%
sugli attuali consumi finali),
non viene nemmeno preso in considerazione e quindi contabilizzato nel bilancio.
Su
una previsione, effettuata del GRTN, che vedrebbe il fabbisogno di e.e. negli
usi finali passare da 68617 GWh nel 2000 a 82.500 nel 2010 (+31%), viene
applicato un leggero “sconto” di 1.424 GWh (-1,7%), derivante dalle attività
dei “distributori elettrici” in Lombardia (ex Enel, Aem Milano, Asm Brescia)
nell’ambito dell’applicazione dei DM 24 aprile 2001.
Queste
due “dimenticanze” si ripercuotono pesantemente sul bilancio energetico
regionale che nel tentativo di recuperare “il deficit elettrico”
resta fondamentalmente “dipendente” da un’altra fonte
d’importazione e non rinnovabile: il gas naturale. Ma
è sul bilancio delle emissioni “gas
serra” che il Programma regionale elettrico grava pesantemente: si
passerebbe da 16,7 Mton del 2000 a 25,4 o 27,7 Mton di CO2, con incrementi dal
51,6 al 65,3%, in deroga totale all’accordo Kyoto e alla relative delibere del
CIPE 19.12.02 , per una diminuzione del 6,5% rispetto al 1990 del bilancio al
2010 e al relativo programma settoriale. Se
anche si dovesse calcolare l’effetto indotto “di riduzione” delle
emissioni evitate in altre parti del territorio nazionale o comunitario, resta
sempre un bilancio estremamente negativo con un incremento di oltre il 40%
complessivo. Questo anche perché le minori importazioni dall’estero
(Svizzera, Austria, Francia) ad energia “relativamente pulita” (almeno dal
punto di vista dei “gas serra”), lasciano una quota percentuale maggiore ad
un mix nazionale pesantemente condizionato dal termoelettrico convenzionale e
quindi con emissioni specifiche (gr di CO2/kWh) piuttosto alto. La
sensazione di fondo è di “occasione perduta” da parte della Regione
nell’assumersi fino in fondo il ruolo delegato dalla “Bassanini” e fornire
il quadro di bilancio e gli strumenti per un
nuovo modello energetico, anticipatore di atti già delineati a livello
di Unione Europea. Nonostante
questa “assenza strategica” si possono individuare gli spazi offerti dalla
normativa per le altre Amministrazioni locali (province e comuni) e a cui la
Regione può concorrere come soggetto “ordinatore”, “normativo”. Tra questi si ritengono prioritari 3 aree d’intervento privilegiate e su cui gli Enti locali potrebbero esercitare da subito ed in forma diretta un controllo ravvicinato del bilancio energetico, del bilancio delle emissioni, della bolletta economica: 2)
la valorizzazione dei titoli di
efficienza per l’incentivo del risparmio e dell’efficienza energetica e
contestuale sostegno alla nascita e rafforzamento delle ESCo
(Energy Service Company) per
l’estensione ed ampliamento degli interventi già previsti dai DM 24 aprile
2001 anche a società miste (pubblico e privato) anche con meno di 100.000
utenti. 3)
Sostegno allo sviluppo delle FER
non solo con le tipiche forme dei bandi pubblici” ma costituendosi “gruppo
d’acquisto” di energia verde per i proprio patrimonio dai RECS
(Renewable Energy Certificate System)
validati al livello europeo per l’acquisto diretto sul mercato
di energia da fonti esclusivamente rinnovabili. Sostenendo non tanto
l’impianto ma le tariffe dell’energia prodotta La possibilità quindi di rivedere il bilancio energetico ed aggiungere al “programma” un nuovo scenario “ad alto risparmio” (v. tabella 2) rappresenta l’unica risposta coerente e seriamente percorribile per rispettare o, almeno tentare di rispettare, gli obiettivi CIPE al 2010 e apportare un forte miglioramento nella “qualità dell’aria” nella regione a più alto rischio da inquinamento. Da
questa prima simulazione si possono vedere le ricadute di una politica che tenda
davvero a ridurre i consumi elettrici in cui basterebbe: a)
Programmare interventi per un risparmio effettivo di energia e di potenza
nei settori civile, industriale e soprattutto terziario per raggiungere
progressivamente, nell’arco di un decennio (il risparmio di almeno il 20%
appare già oggi tecnicamente ed economicamente praticabile)
alla sostituzione di tutte le apparecchiature obsolete rispetto alle
nuove categorie di lampade, elettrodomestici , macchine, motori, sistemi di
condizionamento ecc. ecc. b)
Ripotenziare il parco delle centrali esistenti, aumentandone la potenza
ma nel frattempo il loro rendimento (dagli attuali 39-40 delle turbine a vapore
ai 50-55 dei cicli combinati a gas) e delle ore di funzionamento (dalle attuali
3.600 ad almeno 5.500); c)
Favorire i sistemi di teleriscalmento in cogenerazione di città o di
quartiere, abbassando nello stesso tempo le potenze unitarie per centrale
(30-50MWth) e avvicinandole alle aree di utilizzo finale, ciò comporterebbe un
effettivo ciclo del calore in sostituzione delle caldaie di edificio e un
ridimensionamento del ricorso agli elettrodotti ad alta tensione (150-220-380 kV). d)
Aumentare il ricorso alle rinnovabili pure e nuove (escluso dal calcolo i
rifiuti e il grande idroelettrico) puntando ad un contributo che superi la
soglia del 2% “obbligatorio” (decreto Bersani) e punti ad un più
significativo. Tutto
ciò comporterebbe la riduzione complessiva di CO2, che presenterebbe finalmente
un trend positivo (da un aumento del 22,7% ad una riduzione complessiva del
12%), proprio per il valore “pesante” del kWh “evitato” rispetto anche a quello prodotto con la miglior e
più costosa tecnologia. Ma l'integrazione del fattore "energia-ambiente" (inteso come miglioramento dell'efficienza energetica, lo sviluppo delle fonti rinnovabili nelle sue varie forme e conseguente diminuzione delle emissioni atmosferiche) negli strumenti di pianificazione urbanistica, trova uno specifico riferimento normativo nella Legge 9 gennaio 1991 n° 10, art. 5, comma 5: "I PRG di cui alla L. 17 agosto 1942, n.1150 e successive modificazioni e integrazioni, dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, devono prevedere uno specifico piano a livello comunale relativo alla fonti rinnovabili di energia". In questo contesto vi sono, già ora, alcuni comuni della Lombardia (Melegnano e Carugate in Provincia di Milano), che pur avendo una popolazione inferiore ai sensi della L.10/91, hanno deciso di elaborare, come parte integrante del nuovo Regolamento Edilizio, uno specifico “Regolamento per l’Energia e l’Ambiente” o “Linee Guida per l’Energia” o “un capitolo specifico sul risparmio energetico e le fonti rinnovabili da aggiornare e modificare in relazione all’evoluzione del quadro normativo, all’innovazione tecnologica e all’elaborazione di Piani d’intervento di settore. E
questo rappresenta una risposta sicuramente molto più coerente della folle
corsa al “riarmo” del nucleare e delle centrali di potenza. |