I CONTI DEL NUCLEARE - STUDIO USA: SURPRISE, L’ATOMO
È L’ENERGIA PIÙ SALATA
di Cecilia Bergamasco
Uno studio statunitense svela i veri costi del nucleare. Non
è certo una tecnologia che brilla per economicità, ma questo già si sapeva. Ora
abbiamo i numeri: da 47 a 71 dollari al megawattora (MWh), contro i 33-41
dollari del carbone e i 35-45 dollari del turbogas. I numeri emergono da uno
studio condotto dall’Università di Chicago e commissionato dal Doe, il
Dipartimento statunitense per l’Energia.
Lo studio è una risposta al programma “Nuclear Power 2010”, una Joint Venture
tra Stato e industrie del settore per identificare siti idonei alla
realizzazione di centrali nucleari, sviluppare nuove tecnologie, valutare i
costi di costruzione di nuovi impianti nucleari e la fattibilità degli iter
regolatori. Sulla base di tali valutazioni entro la fine del 2005 gli Usa
decideranno le linee della prossima politica nucleare.
Il report non prende alcuna posizione politica, ma riporta semplicemente i
risultati dei calcoli condotti sui costi dell’elettricità prodotta da un
impianto nucleare di nuova costruzione e li confronta con quelli delle
tecnologie che fanno uso del carbone per la generazione elettrica o degli
impianti a turbogas.
Al 2003 la domanda energetica statunitense era soddisfatta al 50% dal carbone,
20% nucleare, 18% gas naturale, 6,6 % idroelettrico, 2,5% petrolio, 2,3% fonti
rinnovabili non idroelettriche.
Anche negli Stati Uniti la questione del nucleare come soluzione alla crescente
domanda energetica dei prossimi anni, porta alla ribalta non pochi problemi da
risolvere e argomenti di discussione, primo tra tutti quello delle nuove
tecnologie nucleari, da non sottovalutare poi il problema della gestione delle
scorie radioattive, la definizione della politica nucleare e di un sistema di
regolazione in merito, la sicurezza energetica nazionale, la questione
ambientale e la transizione verso un’economia all’idrogeno.
Proprio da questi punti, che influenzano in modo diretto la competitività del
nucleare, i ricercatori hanno condotto il loro studio che di fatto sintetizza il
peso dei fattori che influenzano la fattibilità economica relativa alla
realizzazione di nuovi impianti nucleari.
Secondo il modello economico sviluppato dall’Università di Chicago il primo
impianto nucleare che entrerà in funzione produrrà elettricità a un costo di
47-71 dollari al MWh, con l’esclusione di eventuali sovvenzioni statali
all’industria del nucleare.
Il range di prezzo indicato è il risultato di un confronto tra tre modelli
economici di valutazione dei costi e il confronto con i valori il National
Energy Modeling System (NEMS), riportato nell’Annual Energy Outlook.
La ricerca utilizza un modello finanziario per società che calcola il valore
attuale dell’investimento in equity durante la costruzione come valore attuale
dei ricavi netti guadagnati dall’equity durante la vita del impianto, dove i
ricavi netti sono dati dall’utile dei ricavi dei costi medi di produzione ante
interessi e imposte (EBIT) meno gli oneri finanziari e le imposte sommati agli
ammortamenti e ridotti dal ripagamento del debito.
Il report prende in considerazione aspetti economici come il costo capitale
dell’investimento, come fattore determinante per la valutazione dell’economicità
del nucleare, il costo della progettazione per un nuovo impianto nucleare, che
può far aumentare fino la 35% il costo complessivo, il rischio di equity che è
stato stimato attorno al 3%.
Lo studio paragona i costi della filiera del nucleare statunitense con quella
degli altri Paesi che usano l'elettricità generata dall'energia nucleare, dal
carbone e dal gas. I costi di produzione nucleare Usa, per gli impianti in
funzione, sono circa 45$ al MWh in un range degli altri Paesi che non hanno la
fase di riprocessamento che va dei 36$ della Finlandia ai 65 dollari della
Spagna.
Secondo i calcoli il costo del MWh da nuove centrali nucleari Usa dovrebbe
essere inferiore rispetto al costo di nuove centrali francesi.
Lo studio analizza i costi economici di produzione elettrica nucleare anche in
considerazione di tutto il ciclo di vita del processo, e considera due opzioni
per quanto riguarda la spesa si smaltimento delle scorie: lo stoccaggio sul
posto seguito da un processo di smaltimento centralizzato o lo stoccaggio in
loco e il ritrattamento, seguito poi dal processo di smaltimento centralizzato.
I valori economici dell’intero ciclo di vita sono quindi differenti a seconda
dell’opzione che viene scelta, dato che i costi di smaltimento variano da 3,50 a
5,50 dollari per MWh, pari a circa il 5-12 per cento del prezzo della
generazione di energia nucleare. Secondo il modello sviluppato dai ricercatori,
una volta che il primo impianto sarà entrato in funzione e che i costi di
progettazione saranno stati pagati, il prezzo dell’elettricità prodotta con
tecnologie nucleari dovrebbe ridursi e diventare competitiva sul mercato. A
lungo termine, una volta che il mercato dei gas serra sarà a pieno regime, la
competitività del nucleare dovrebbe essere favorita rispetto agli impianti di
generazione elettrica che fanno uso dei combustibili fossili.
Una volta realizzato il primo impianto nucleare di nuova concezione, il costo
del MWh per gli impianti successivi è stato stimato in un range che va dai 31 ai
46 dollari. Un altro fattore che lo studio prende in considerazione è quello
ambientale che potrebbe, in vista di una più restrittiva politica nei confronti
dei gas serra e di una scarsa efficacia della tecnica di confinamento
dell’anidride carbonica rispetto alle aspettative, rendere più competitivo il
nucleare facendo salire il prezzo del MWh a 91 dollari per il carbone e a 68
dollari per le centrali a turbogas. |