Domenica scorsa (5 settembre 2010) a Cernobbio, nel corso di un workshop organizzato dallo Studio Ambrosetti, è stato presentato un rapporto sulle opportunità offerte dal nucleare all'economia italiana.

Il giorno dopo i giornali ne hanno dato grande evidenza, mettendo in risalto i miliardi di euro che guadagneremmo se procedessimo speditamente a costruire i 13 mila MW nucleari previsti dal piano governativo.

Il testo di circa 300 pagine esordisce dichiarando la volontà di "fornire ai decisori del Paese e all'opinione pubblica una base informativa completa e imparziale", il che fa subito sorridere perchè come si può definire imparziale un lavoro che riporta in copertina i loghi di Enel e di EDF (Electricite' de France) ?

Detto questo esprimo qualche commento iniziale.

Come sempre, il testo sottolinea come il nucleare sia in grande sviluppo in tutto il mondo e che solo il nostro paese mancherebbe all'appello, si prevede un raddoppio dei reattori da qui al 2030 omettendo di scrivere che, a parte il fatto che ciò appare improbabile, in ogni caso a livello di percentuali la quota di nucleare sul totale dell'energia elettrica mondiale è destinata a calare nel futuro perchè l'incremento del nucleare è infimo rispetto all'aumento della generazione complessiva. Si sottolinea la nostra dipendenza energetica dall'estero, ma senza evidenziare che il nucleare produce solo energia elettrica, mentre la dipendenza energetica si riferisce al totale di energia primaria consumata da un paese, ovvero trasporti, riscaldamento eccetera.

Ma è sui costi che il rapporto appare francamente poco convincente poichè fa riferimento ad alcuni studi non propriamente aggiornati per prevedere costi dal 2020 al 2030 ! Ad esempio si ipotizza un costo di produzione nucleare pari a 60 €/MWh, quando le stime più recenti del governo statunitense (Energy Outlook 2010) indicano che nel 2020 l'elettricità nucleare (86 €/MWh) sarà più costosa dell’eolico, del gas e del carbone.

Andrebbe anche detto che negli scenari dello studio si ipotizza di sostituire una quota del 25% della nostra produzione elettrica a metano, carbone e petrolio ma nella realtà la produzione da petrolio è limitata (l'8% della quota prodotta con fonti fossili), mentre il carbone è considerato strategico oggi da Enel e dopo la recente cionversione di Torre Valdaliga Nord (Civitavecchia), si appresta a fare la stessa cosa in Veneto a Porto Tolle, pertanto nei disegni reali non si prevede alcuna riduzione della produzione elettrica con carbone.

Lo scenario è falso.

Sempre sui costi è puramente accademico parlare di prezzi standard di generazione, il costo del nucleare francese ad esempio è ben diverso da quello tedesco; non risuciremo mai con 4 reattori EPR a produrre agli stessi costi dei francesi che hanno una batteria di 59 reattori. E quando si parla di mettere in linea 13 mila MW di nucleare significa pensare di mandare n pensione una bella fetta di centrali esistenti. Si ricorda che attualmente abbiamo il doppio della potenza installata necessaria (ovvero abbiamo il doppio delle centrali necessarie); anche per questo il costo del MW termico è alto, non potendo sfruttare appieno la potenza degli impianti. Ridurre la quota del termico convenzionale significa caricare sulle imprese elettriche l'onere di ritrovarsi con centrali a metano recenti ed efficineti inutilizzate; non vorrei che si arrivasse a dover introdurre in bolletta quelli "stranded cost" riconoscuti a Enel quando venne chiuso il ciclo del nucleare, proprio per rimborsare gli investimenti.

E approposito di bolletta non è mai sufficiente ripetere che i prezzi italiani dei consumi domestici (la bolletta che ciascuno di noi riceve a casa) sono mediamente inferiori del 4% ai livelli medi europei (vedi ultima relazione dell'autorità pe rl'energia elettrica e il gas, per consumi entro i 2.500 Kwh annui). Solo per consumi superiori (2.500 - 5.000 kWh) i prezzi si collocano sopra la media europea, a livello di danesi, irlandesi, austriaci e tedeschi (che il nucleare ce l'hanno). Pertanto quando si parla di riduzione della bolletta energetica del paese non si parla di quella dei consumatori finali, che è complessa, composta per il 40% da oneri (e non da costi di generazione e trasmissione), legata al prezzo all'ingrosso determinato giornalmente in una borsa elettrica che è ben più influenzata dalla classica legge della domanda e dell'offerta piuttosto che dalla tipologia di produzione.

Ultima nota, nel documento si sottolinea anche il rafforzamento del peso geopolitico che il nostro paese registrerebbe entrando nel club del nucleare e come aumenterebbe la sua partecipazione alla "costruzione della governance mondiale". Sinceramente il peso, l'immagine e il ruolo internazionale del nostro paese ha bisogno di ben altro che di qualche reattore d'importazione.


Roberto Meregalli
beati i costruttori di pace
www.martinbuber.eu