Caorso, Saluggia, Scanzano e
le scorie tossiche: l'audizione di Jean (Sogin) alla commissione
parlamentare d’inchiesta
Testo integrale dell’audizione
condotta dalla commissione bicamerale d’inchiesta sul traffico dei
rifiuti, che si è svolta l'11 maggio con Carlo Jean, presidente
della Sogin
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente
della Sogin, Carlo Jean. La Commissione, nello svolgimento delle
proprie attività istituzionali, intende acquisire dati ed elementi
conoscitivi sullo stato di attuazione della vigente normativa in
materia di gestione dei rifiuti radioattivi e delle connesse
funzioni attribuite alla Sogin in tale specifico
settore. Interessa altresì conoscere le attività svolte dalla
Sogin in Campania, su incarico della struttura commissariale, anche
relativamente all'effettuazione di studi e di analisi nei comuni
interessati. Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la
disponibilità manifestata, do la parola al dottor Carlo Jean, che è
accompagnato dall'ingegnere Giancarlo Bolognini, amministratore
delegato, dall'ingegner Angelo Papa, direttore tecnologie e
ambiente, dall'ingegner Stefano Reynaud, responsabile della
segreteria tecnica, dal dottor Sergio D'Offizi, responsabile
divisione ingegneria ambientale, dall'ingegner Ugo Spezia,
responsabile comunicazione, dall'ingegner Roberto Marvasi,
responsabile funzioni e relazioni esterne, e dall'ingegner Luigi
Brusa, riservando eventuali domande dei colleghi della Commissione
al termine del suo intervento.
CARLO JEAN,
Presidente della Sogin. Signor
presidente, rivolgo un saluto particolare a lei e ai membri della
Commissione. La normativa base concernente la gestione dei
rifiuti è costituita dalle direttive n. 26 del 2003, n. 230 e n.
241; sono sopraggiunti, rispetto al mio ultimo intervento in questa
Commissione, tre provvedimenti. Il primo è la legge n. 368 del 24
dicembre 2003 (decreto ex-Scansano), che prevede determinate
attività in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con
commissario straordinario e commissione di 19 membri, per
l'individuazione del sito; tale provvedimento dà carico alla Sogin,
una volta individuato il sito, di provvedere alla progettazione e
alla costruzione. Il secondo provvedimento legislativo è la legge
ex Marzano, che riguarda il deposito di prima e seconda categoria e
che dà carico alla Sogin di una serie di attività, tra cui la
raccolta e messa in sicurezza di rifiuti non afferenti alla
produzione di energia elettronucleare e al ciclo di combustibile. Le
disposizioni di queste leggi, per quanto riguarda sia il deposito di
terza, di seconda e prima categoria, sia la raccolta dei rifiuti non
elettronucleari, non hanno avuto finora attuazione. Per quanto
concerne il terzo provvedimento, si tratta di un decreto
ministeriale del 2 dicembre del 2004, che ne modifica uno del 2001,
firmato dal ministro Letta, che prevedeva unicamente lo stoccaggio a
secco e lo stoccaggio nel deposito nazionale. Il nuovo decreto
ministeriale consente anche il riprocessamento all'estero, attività
già considerata nella legge n. 368 del 2003. In quanto
commissario delegato, poiché il combustibile irraggiato costituisce
la parte più pericolosa dell'intero processo nucleare in Italia, su
parere favorevole della commissione tecnico-scientifica che ha il
compito di vigilare l'attività del commissario, è stata emessa
un'ordinanza, in data 16 dicembre 2004, che prevede la scelta del
riprocessamento. Stiamo parlando di 235 tonnellate circa di
irraggiato, custodito soprattutto a Caorso, a Trino, nel deposito
Avogadro di Saluggia, nel centro Eurex di Saluggia. Questo
riprocessamento all'estero è stato valutato sulla base di ipotesi di
strategie alternative, elaborate da Sogin, con consultazioni molto
strette con le autorità russe, poiché si sperava di poter esportare
temporaneamente questi rifiuti in Russia; ciò non è stato possibile,
visti gli accordi intercorsi con gli Stati Uniti. Non essendoci
deposito ed essendo le popolazioni locali molto sensibilizzate su
depositi di lunga durata, tenendo anche conto del fatto che
l'aspetto finanziario sembra suggerire il riprocessamento piuttosto
che lo stoccaggio a secco in cask, è stato deciso, sulla base
dell'autorizzazione del decreto ministeriale prima citato, di
riprocessare all'estero il materiale. Il 22 febbraio è stato
emesso un bando di gara europeo, al quale hanno aderito un'azienda
francese ed una inglese. Sono in corso delle offerte e stiamo
valutando i criteri per poter decidere anche l'aggiudicazione
dell'appalto. Data l'importanza dell'operazione è stato chiesto al
Ministero dell'economia e delle finanze e a quello delle attività
produttive di designare propri rappresentanti in seno ad un'apposita
commissione, che è stata istituita all'interno di Sogin. Le offerte
dovrebbero pervenire entro metà giugno ed entro fine luglio dovrebbe
esserci l'aggiudicazione della gara. Entro fine anno, speriamo anche
prima, auspichiamo l'inizio dei trasporti, che dovrebbero terminare
verso la metà del 2008. In questa maniera vengono allontanate
dall'Italia, almeno fino al 2025, come prevede il bando di gara
europeo, le parti più pericolose del materiale nucleare esistente in
Italia. Tenete conto che a Caorso quasi 200 tonnellate di
combustibile irraggiato sono collocate in una piscina, a 40 metri di
altezza, senza alcuna protezione. Per quanto riguarda altro
combustibile irraggiato esistente in Italia parlerò dell'impianto
Itrec sito a Rotondella, in provincia di Matera. Si tratta di 64
barre irraggiate, provenienti dalla centrale americana di Elk River,
che arrivarono in Italia all'inizio degli anni settanta per
un'attività di ricerca congiunta con gli Stati Uniti d'America. Sono
in corso dei negoziati tra il Governo italiano e quello americano
per restituire - anche a pagamento - queste barre di cui l'Italia ha
acquisito la proprietà tra la fine degli anni ottanta e l'inizio
degli anni novanta. Nel frattempo, però, dal momento che un
negoziato non ha tempi certi, la Sogin ha deciso di collocare queste
barre di combustibile in due cask (contenitori corazzati a secco con
una capacità che varia da 60 a 120 tonnellate) e di stoccarle sul
posto, in attesa della decisione sul da farsi. Per quanto
concerne l'attività commissariale, un altro punto critico è
rappresentato dal materiale radioattivo liquido collocato negli
impianti Eurex di Saluggia e Itrec di Trisaia. Il materiale presente
presso l'impianto Eurex è pari a 230 metri cubi, di cui 117 ad alta
attività e 113 a bassa attività. Questi residui hanno preso origine
dalla liquefazione di combustibile irraggiato in acido nitrico.
Abbiamo consultato esperti internazionali ed osservato le attività
di questo tipo esercitate all'estero; quindi, visto che il progetto
di solidificazione del materiale in oggetto - avviato dall'ENEA nel
1994 - non aveva avuto successo a causa di una serie di problemi
tecnici dati dalla presenza di mercurio, è stato deciso - anche a
seguito dell'approvazione della commissione tecnico-scientifica
facente capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri - di
procedere alla sua cementazione. Dato che la cementazione richiede
un certo numero di anni e che l'impianto di Saluggia presenta vari
elementi di criticità, si è deciso di anticipare la messa in
sicurezza del liquido realizzando un deposito bunkerizzato. Nel
contempo è stato avviato un progetto - denominato Cemex -
comprendente tre item che, a parer mio, è stato sviluppato
egregiamente dalla Sogin nel rispetto dei tempi previsti. Il
serbatoio bunkerizzato è in corso di costruzione e, se non erro,
verrà ultimato tra la fine di quest'anno e l'inizio del
prossimo. I tre obiettivi del progetto Cemex riguardano la
creazione di un deposito temporaneo, con una capacità di durata che
va dai trenta ai cinquant'anni, in cui si sistemeranno i materiali
cementati; il relativo progetto è stato già sottoposto all'APAT per
l'esame e l'eventuale approvazione. Il secondo obiettivo concerne
il rifacimento dell'impianto idrico, in quanto occorre una nuova
fornitura di acqua, completamente differente dalla precedente, per
procedere alla cementazione. Infine, la parte più nobile del
progetto riguarda l'impianto di cementazione vero e proprio che, tra
parentesi, è tecnologicamente molto interessante e qualificante. Si
spera che l'industria italiana possa aggiudicarsi la gara per la sua
costruzione, ancorché il costo del progetto (tra gli 80 e i 100
milioni di euro) è tale che si dovrà ricorrere alla gara europea, a
meno che il Ministero delle attività produttive decida in maniera
diversa, magari utilizzando qualche accorgimento, tra l'altro
utilizzato - diciamocelo - anche da altri paesi. In riferimento
ai tempi per la realizzazione di questo progetto di cementazione
bisogna dire che il deposito bunkerizzato è in costruzione e verrà
ultimato per il maggio 2006. Le prime due parti del progetto Cemex -
come detto in precedenza - sono state già sottoposte all'APAT,
mentre la terza, relativa all'impianto, verrà inviata all'Agenzia
per l'inizio di luglio. Prima di questa data verrà effettuato un
controllo da parte di una delle migliori compagnie specializzate
nella cementazione di materiale radioattivo liquido,
l'angloamericana AEA Technology. Tra parentesi, nel corso dello
sviluppo del progetto, la Sogin - lo dico non nascondendo una certa
soddisfazione - ha presentato tre brevetti che verranno depositati e
che potranno servire in futuro per lo smantellamento di impianti sia
in Italia sia all'estero. Il consiglio di amministrazione ha
optato per la gara europea; in ogni caso siamo in attesa di
istruzioni da parte del Ministero delle attività produttive, cui è
stato segnalato il particolare interesse - di natura tecnologica -
dell'industria italiana a sviluppare una simile
attività. L'impianto Itrec presentava circa 133 metri cubi di
materiale radioattivo liquido; 130 metri cubi sono già stati
cementati, mentre per i restanti 3,2 metri cubi la Techint, che
aveva già provveduto alla precedente solidificazione, è interessata
alla progettazione del relativo impianto, per cui nel 2009 si
dovrebbe addivenire alla completa cementazione. Scusate se uso
sempre il condizionale, ma la nostra attività è subordinata ad
autorizzazioni, licenze edilizie e così via, quindi spesso non
riusciamo a realizzare una vera e propria programmazione
industriale. Attualmente i 3,2 metri cubi di cui parlavo in
precedenza sono custoditi in serbatoi di cemento barico ben protetti
ed organizzati, ma piuttosto vecchi, poiché risalgono agli anni
sessanta. Per questo la Sogin ha provveduto alla costruzione di
un serbatoio da affiancare a quello da 3,2 metri cubi
precedentemente menzionato. Al momento, l'APAT ha ritenuto di
mantenere il materiale nel serbatoio vecchio, ma in caso di
necessità basterebbe soltanto mettere in funzione le pompe per
travasarlo in quello nuovo, già collegato al precedente. Fatte
queste premesse, vorrei attrarre la vostra attenzione su un aspetto
essenziale. Mi riferisco al fatto che la posizione della società è
risultata fortemente penalizzata dall'entità dei previsti tagli di
bilancio, per un totale di circa 70 milioni di euro. C'est l'argent
que fait la guerre, ma vi è anche un argent che consente di
decontaminare, rendendo possibile il decommissioning delle centrali.
Non credo che l'attuale riduzione di risorse consenta di perseguire
la strategia di smantellamento accelerato, già disposta dal decreto
legislativo Bersani del 1999 e prevista dai decreti ministeriali
successivamente intervenuti; in altri termini, a queste condizioni,
riusciremo semplicemente a mantenere in sicurezza i materiali e a
garantire la guardia dei siti per impedire l'eventuale sottrazione
di materiale nucleare. Da una decisione simile però, scaturirà un
limite molto pesante alla nostra attività, perché, a lungo andare,
la soluzione adottata si rivelerà estremamente costosa, mentre
un'accelerazione delle operazioni comporterebbe maggior risparmio.
Questo, a mio avviso, rappresenta il nodo fondamentale da
sciogliere, sebbene alcune rassicurazioni siano pervenute dal
Governo in ordine ai problemi da affrontare. Al riguardo, il
taglio potrebbe di fatto tradursi in un onere finanziario a carico
della società addirittura superiore alla cifra richiamata, atteso
che spetterà all'autorità decidere come effettuare il finanziamento,
soprattutto delle compensazioni territoriali previste dalla legge n.
368: qualora venissero messe a carico della Sogin, infatti, la quota
che la società riceve per lo smantellamento degli impianti finirebbe
per essere completamente azzerata. Le operazioni per il combustibile
che concernono la sicurezza nazionale verranno invece comunque
finanziate, attingendo al denaro che ci ha dato ENEL. Resta però
chiaro che, una volta coperte le spese derivanti da queste attività,
avremo bruciato ogni riserva, e dunque ritengo necessario che il
Governo riconsideri al più presto il problema dei tagli. Passando
alla seconda questione da esaminare, penso che voi conosciate la
situazione dell'ENEA e le difficoltà che si sono incontrate in
consiglio di amministrazione con il presidente e il direttore
generale. Erano stati previsti trasferimenti dell'impianto ENEA e di
attività proprie dell'Ente alla Sogin, oltre che del personale che
aveva accettato di essere trasferito (le condizioni contrattuali
degli elettrici sono infatti migliori di quelle dei ricercatori).
Tuttavia, l'accordo infine raggiunto tra società ed Ente non ha mai
avuto modo di essere implementato, a causa della presentazione di
vari ricorsi alla giustizia amministrativa. Abbiamo comunque la
fondata speranza di poter risolvere la questione informandone la
Presidenza del Consiglio dei ministri, la quale si è interessata ed
impegnata al riguardo. Il problema è rappresentato non già
dall'impossibilità di procedere con la messa in sicurezza degli
impianti dell'ENEA o alla solidificazione dei liquidi di Eurex, ma
dal personale e dall'attuale stato di incertezza, psicologicamente
molto pesante da sopportare. La situazione è poi aggravata dalle
negoziazioni con l'ENEA, sempre estremamente «defatiganti»
(espressione piuttosto eufemistica), cui è necessario dar corso per
realizzare altre misure di sicurezza. Altro problema che ritengo
essenziale sottoporre alla vostra attenzione riguarda il rilascio di
licenze di costruzione dell'impianto Cemex di Saluggia. Resta fermo
che, qualora il sindaco di Saluggia o la regione Piemonte avessero
difficoltà a provvedervi, a causa dell'effettiva complessità della
procedura (sono circa 32 le leggi regionali e nazionali di cui tener
conto, incluse le norme a tutela del bacino del Po e del parco),
sarò io stesso a rilasciare l'autorizzazione alla costruzione
dell'impianto, avvalendomi dei poteri a me concessi dall'ordinanza
n. 3355 e successivamente reiterati. Al medesimo strumento di
ordinanza autoritativa ho del resto dovuto ricorrere anche per
rendere possibile la costruzione dei bunker corazzati, ovvero dei
nuovi serbatoi a bunker, stante la complessità del rilascio della
licenza ad essi relativa. Da ultimo, vorrei che l'attenzione
della Commissione, in ragione dell'interesse che la questione
riveste per tutti i parlamentari, fosse rivolta al forte ritardo
nella ratifica dell'accordo della global partnership con la Russia.
L'accordo, che riguarda anche lo smantellamento e la gestione dei
combustibili in Italia, consentirebbe di ottenere un importante
risultato su questo fronte. Per comprendere il suo rilievo, basti
pensare che, attualmente, in base ai rapporti intercorrenti tra i
due paesi, se, ad esempio, l'Inghilterra perdesse la gara avrebbe
facoltà di chiedere il rientro in Italia - con un preavviso di due
anni - dei flask esistenti, cioè delle scorie (non plutonio, non
uranio) derivanti dai precedenti riprocessamenti in Inghilterra.
Cosa faremmo se il rientro ci venisse richiesto nel 2007? Invece,
nel caso della Russia, in virtù della sottoscrizione di questo
accordo, saremmo nelle condizioni di inviare quei materiali ancora
per circa cent'anni, in attesa del famoso deposito nazionale
attualmente inesistente. Cederei ora la parola all'ingegner
Bolognini per esporre gli altri argomenti di
discussione.
GIANCARLO BOLOGNINI, Amministratore
delegato della Sogin. Ritengo sia stato
già posto sul tappeto l'essenziale delle questioni da affrontare;
pertanto, mi limiterò a fornire un complemento di informazioni
relative, in generale, al programma di smantellamento delle quattro
centrali nucleari e degli impianti ex ENEA. Il presidente della
Sogin ha già delineato il nuovo quadro normativo e finanziario di
riferimento e le modifiche intervenuite rispetto al precedente,
valido sino a un anno fa; tale mutamento ci ha spinto a visitare e
rivedere piuttosto pesantemente i nostri programmi «a vita intera»,
come risulta dal documento consegnato ai vostri Uffici. A seguito di
ciò, la fine delle operazioni di smantellamento, il cosiddetto
«prato verde», negli otto siti di cui siamo attualmente responsabili
è ora prevista nel 2024 - poiché è proprio il nuovo quadro normativo
a darcene facoltà -, mentre fino a due anni fa, come ricorderete, il
limite era stato fissato nel 2020. È il decreto ministeriale del 2
dicembre 2004 ad aver sancito per la prima volta l'allungamento del
periodo di attività di smantellamento. Dei tagli finanziari
intervenuti, ha già fatto menzione il presidente; mi limiterò ad
osservare che tale riduzione di risorse ci ha obbligato a rivedere -
quanto meno parzialmente - alcune priorità, soprattutto nel breve
termine. Auspichiamo che, già fin dalla prossima sessione di
bilancio, sia rivisto un assetto finanziario che ci penalizza.
Tenuto conto dell'attuale situazione abbiamo dovuto dare priorità ad
alcune attività: mantenimento in sicurezza degli impianti;
allontanamento all'estero del combustile irraggiato; sistemazione di
alcuni rifiuti ritenuti più pericolosi. Tutto questo è stato fatto
oggetto di un nuovo programma comunicato sia ai ministeri competenti
sia all'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, che stabilisce
il nostro finanziamento. Questi nuovi programmi prevedono il termine
degli smantellamenti per il 2024 e la fine della sistemazione di
tutti i rifiuti radioattivi nel 2010; ovviamente questi programmi
risentono anch'essi di certe condizioni che debbono verificarsi
affinché possano essere rispettati (condizioni di carattere
autorizzativo; localizzazione del deposito). Occorre sottolineare
che questi depositi, ancorché acquistino una priorità ed
un'importanza diversa a seguito del cambiamento di strategia
effettuato dal Governo e dalla Sogin per quanto riguarda il
combustile irraggiato, che oggi anziché essere stoccato e mantenuto
in Italia in un deposito geologico viene allontanato all'estero per
il riprocessamento, debbono essere comunque realizzati. Ciò per due
motivi: innanzitutto perché esistono i rifiuti di seconda categoria,
che vanno collocati in un deposito nazionale in condizioni di
sicurezza; inoltre i litri di materiale che verranno prodotti
dall'attività di riprocessamento del combustile inviato all'estero,
in una data successiva al 2025, sono destinati a tornare in Italia,
per cui entro quella data dovrà essere individuato un
deposito. La Sogin ha agito in termini di prudenza in quanto ha
ipotizzato per le proprie attività che i depositi, sia pur
provvisori, sul territorio nazionale non siano disponibili in tempi
brevi. Abbiamo avanzato questa ipotesi per capire cosa si poteva
fare anche in assenza di depositi. Ci siamo pertanto posti nel
seguente scenario: in Italia i depositi di questo tipo non saranno
disponibili prima di dieci anni - viste le difficoltà riscontrate,
sembra un'ipotesi abbastanza realistica - ed i programmi rivisitati
tengono conto di questo nuovo scenario. Ovviamente, le attività di
smantellamento continuano anche in assenza di deposito: i prodotti
radioattivi risultanti da tali attività vengono sistemati in
depositi provvisori e locali; ciascuna centrale dovrà mantenere
all'interno i rifiuti che verranno semplicemente condizionati e
messi in sicurezza nel corso dello smantellamento in attesa di un
loro definitivo smaltimento nel deposito nazionale, quando questo
sarà pronto. Ciò vuol dire che nel 2024 non sarà più possibile
realizzare un sito assolutamente sgombro da ogni presenza di rifiuti
radioattivi, in quanto questi rifiuti permarranno nei depositi
provvisori e, quindi, non si potrà parlare di «prato verde», ma si
potrà parlare di centrali e di impianti smantellati, con i rifiuti
radioattivi già oggi esistenti e quelli che verranno prodotti negli
anni a venire sistemati in sicurezza in questi depositi provvisori.
I nuovi programmi sono coerenti con le direttive che abbiamo
ricevuto dal Ministero delle attività produttive nello scorso
dicembre. Per quanto riguarda le attività che si stanno portando
avanti nelle centrali posso dire che per il momento esse riguardano
la parte convenzionale delle centrali nucleari; non possiamo ancora
aggredire gli edifici veramente nucleari in quanto, da una parte, ci
mancano ancora le necessarie autorizzazioni e, dall'altra, dobbiamo
risolvere il problema del deposito transitorio. Stiamo operando in
tutti e otto i siti di cui abbiamo responsabilità per attività di
smantellamento degli edifici e degli impianti convenzionali e per
svolgere attività preparatorie per il vero e proprio smantellamento
delle parti nucleari. Per attività preparatorie intendo: attività di
licensing, di richieste di autorizzazioni, di presentazione dei
progetti e di predisposizione per la parte di gare relative alle
attività nucleari. Passando al tema delle attività svolte dalla
Sogin in Campania come struttura individuata dal commissario di
Governo per l'emergenza rifiuti, ricordo che fin dal 2001 abbiamo
stabilito una convenzione con l'allora commissario di Governo, il
presidente Bassolino, per effettuare una serie di interventi in
Campania, consistenti principalmente in monitoraggi ambientali
(aria, acque e terreni) nelle zone relative alla eventuale
realizzazione di impianti di termovalorizzazione (che sono
essenzialmente due, Acerra e Santa Maria la Fossa), e nelle zone
relative alla realizzazione di impianti di CDR (altri sette siti,
tutti situati in Campania). Sull'insieme di questi siti abbiamo
effettuato attività di monitoraggio e abbiamo presentato al
commissario i relativi rapporti. Abbiamo progettato e parzialmente
realizzato, in collaborazione con il commissario di Governo, una
rete di monitoraggio della qualità dell'aria costituita da 41
centraline fisse e da 2 centrali mobili, che dovrebbero monitorare
l'aria intorno ai nove siti prima ricordati e fornire in tempo reale
alle amministrazioni ed alle popolazioni locali tutte le
informazioni relative allo stato di inquinamento dell'aria. Sono
state svolte analoghe operazioni di monitoraggio ed analisi e di
progettazione di interventi anche in siti e corsi d'acqua
contaminati da rifiuti industriali. Anche su questi siti abbiamo
effettuato delle attività di monitoraggio ed analisi i cui risultati
sono stati debitamente consegnati al commissario che ce le aveva
commissionate.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi per i loro
interventi.
DONATO PIGLIONICA. I temi trattati sono molti, ma nella vostra analisi
non ho sentito parlare di provvedimenti per Casaccia, che pure
rappresenta una situazione di emergenza, posto che continua ad
accumularsi del materiale (mi pare che ci siano anche problemi di
dimensionamento del sito che meritano di essere affrontati). Sarebbe
anche utile ascoltare uno spaccato dei progressi compiuti
eventualmente nel campo della sicurezza; a questo proposito, mi
domando quali passi avanti siano stati fatti in merito alla concreta
messa in sicurezza. Vorrei ricordare che Rotondella era fra i
siti quello più bisognoso, insieme con altri, di interventi
consistenti. Mi pare di capire che per quanto riguarda Caorso non è
forse neppure possibile ipotizzare una messa in sicurezza
assoluta. Vi è comunque un elemento positivo, ancorché
provvisorio. Infatti, il materiale inviato all'estero per il
riprocessamento conduce verso una soluzione, sia pure provvisoria,
del problema; rimane però aperto quello del sito dove poi allocare
questo materiale. Ciò premesso, la domanda che vorrei porvi - già
sollevata in altra sede - riguarda i cask. Mi pare di capire che la
vecchia progettazione dei cask si sia rivelata una soluzione tutto
sommato accantonata: mi piacerebbe sapere con quali costi
concreti. Inoltre, sarebbe utile comprendere meglio questa global
partnership con la Russia anche per comprendere quali vincoli
esistano al riguardo. Mi è parso infatti di capire che, in caso di
difficoltà, se per esempio l'Inghilterra ci richiedesse il rientro
del materiale riprocessato a Sellafield, andremmo incontro ad alcune
difficoltà, e forse il rapporto con la Russia potrebbe metterci al
riparo da tale rischio. È prevista nell'accordo stretto con la
Russia, la possibilità di stoccare provvisoriamente nei loro
depositi tale materiale? Infine, quale è il ruolo che Sogin sta
svolgendo oggi - se c'è - nel ritorno dell'attività di ENEL nel
campo della gestione di impianti nucleari in collaborazione con
altri soggetti (mi pare in Slovacchia)? Vorrei sapere se anche in
questo caso esista un ruolo di Sogin, con le competenze che,
ovviamente, ha accumulato in questo periodo. Cosa succede -
questa è forse una domanda che andrebbe posta al ministro delle
attività produttive - per le compensazioni ambientali, che erano
parte della legge n. 368 del 2003? È passato già un anno e nulla è
avvenuto per quei comuni che sopportano il costo ambientale della
presenza sul loro territorio di questi depositi. Concludo con un
commento, posto che continuo a non comprendere cosa è accaduto il 14
novembre del 2003 e dopo questa data: insomma, abbiamo gridato «al
lupo, al lupo» per l'emergenza (bisognava fare lo studio geologico
la notte per agire la mattina seguente) e poi, all'improvviso,
abbiamo scoperto che forse il lupo non esisteva. È passato un anno e
mezzo, e non si hanno tracce neppure della famosa commissione dei
19, anche se so perfettamente che non competeva a voi metterla in
piedi.
TOMMASO SODANO. Signor presidente, riterrei utile una successiva,
audizione dei rappresentanti della Sogin al fine di avere il tempo
necessario per approfondire alcuni degli aspetti esaminati. Si
tratta infatti di argomenti su cui il Parlamento dovrebbe svolgere
una riflessione più compiuta anche per i poteri straordinari che il
generale Jean e la Sogin assumono in alcuni casi nel nostro paese,
poteri quasi da stato di guerra. Vorrei tornare sulla vicenda del
decreto-legge del 2 dicembre scorso con cui si è autorizzata in via
provvisoria l'esportazione delle 135 tonnellate di rifiuti
radioattivi di terza categoria verso paesi stranieri. Resta però il
punto del sito definitivo e, se non ricordo male, entro il 9 gennaio
del 2005 la Sogin doveva comunque individuare - così perlomeno era
stabilito dall'articolo 3 della legge n. 368 - il sito nazionale
definitivo. Se non ho capito male, ci vorranno dieci anni per avere
tale sito, ma mi domando se esista già una fase di elaborazione o
studio per la sua individuazione. Inoltre, quali contatti sono stati
presi e quali valutazioni sono state fatte per evitare il ripetersi
della situazione accaduta a
Scanzano?
PRESIDENTE. Mi perdoni, ma questo non studio non era demandato ai
19 membri della famosa commissione cui faceva riferimento il collega
Piglionica? Tuttavia, tali membri non ci
sono!
TOMMASO SODANO. Questo è un passaggio un po' delicato. Vorrei capire
come si inserisca il ruolo della Sogin in funzione
dell'individuazione di un sito che andava fatta entro il 9 gennaio
del 2005, soprattutto in considerazione del suo ruolo - nel nostro
paese, a differenza di quanto avviene altrove - e della sua
struttura, autonoma, che le permetterebbe di intervenire sulla
materia. Su questo argomento sono più volte intervenuto perché
ritengo che esistano conflitti di interessi all'interno della
struttura medesima. Continua infatti a sfuggirmi il ruolo del
vicepresidente della Sogin, professor Paolo Togni, in considerazione
della funzione che ricopre al Ministero dell'ambiente. Questo
aspetto ci riporta alle vicende della regione Campania e dei
controlli che la Sogin ha compiuto per quanto riguarda il
monitoraggio dei siti inquinati dalla presenza di diossina. C'è
infatti un'anomalia tutta italiana su questa diversa collocazione di
personaggi che rivestono più ruoli - ora di controllato, ora di
controllore -, un aspetto che ci ha lasciato molto
perplessi. Un'altra domanda si collega a quanto diceva poco fa il
collega Piglionica rispetto al rapporto con la Federazione russa. È
vero infatti che alla Sogin sono stati affidati nuovi compiti ma, in
via prioritaria, il compito rimane quello dello smantellamento delle
centrali elettronucleari. Vorrei capire se queste attività che sono
state intraprese per lo smantellamento - anche dei sommergibili - e
per il disarmo chimico in Russia siano in qualche modo avvenute
sulla base di autorizzazioni, e quali. Soprattutto, quali sono i
controlli che eventualmente vengono svolte per impedire che,
attraverso queste azioni fatte all'estero, i materiali di risulta
non possano poi essere utilizzati per un impiego militare? Quali
sono le garanzie che il Parlamento italiano può avere per un
disimpegno o per un utilizzo del materiale eventualmente recuperato
a fini bellici?
LORENZO PICCIONI. Vorrei ringraziare il presidente della Sogin per la sua
relazione. La mia preoccupazione è la seguente: al di là delle
compensazioni territoriali, risiedo a Vercelli ed in quella
provincia insistono i due siti più importanti dei quali si parla
nella relazione. Mi riprometto di leggere questa importante
relazione, alla luce dell'evoluzione dei fatti e delle prospettive
che erano state rese nelle precedenti audizioni. Vorrei dunque avere
la possibilità di leggere in primo luogo la relazione e
successivamente di potermi nuovamente confrontare con i nostri
auditi.
PRESIDENTE. Vorrei richiedere una veloce panoramica sui risultati
relativi alla Campania e, se possibile, gradiremmo delle relazioni
più approfondite su tale vicenda. Do nuovamente la parola
all'onorevole Sodano.
TOMMASO SODANO.
Nel corso di un'audizione del ministro
dell'ambiente, alla quale era presente anche il direttore generale
Mascazzini, si ebbe conferma dell'esistenza di una relazione della
società Sogin sull'inquinamento delle falde profonde a seguito di
materiali prodotti da industrie locali. Di questa relazione abbiamo
perso in qualche modo traccia e non sappiamo se il Ministero l'abbia
mandata; vorrei sapere se sia possibile venirne in
possesso.
PRESIDENTE.
Se esiste, sicuramente possiamo ottenerla. Prego, presidente
Jean.
CARLO JEAN, Presidente della Sogin.
Risponderò ad alcuni quesiti, mentre per altri vi
fornirà delucidazioni l'amministratore delegato. Per quanto
riguarda le misure di sicurezza, ho consegnato alla presidenza della
Commissione il rapporto sull'attuazione delle attività commissariali
per la messa in sicurezza: evidentemente - occorre precisare - la
messa in sicurezza è il centro dell'attività commissariale. Posso
rassicurare la Commissione sul fatto che i sistemi anti-intrusione e
quelli di sicurezza sono stati completati e sono al livello di
quelli predisposti a Comiso per la protezione dei depositi atomici.
A mio avviso, avendo visitato anche alcune centrali all'estero, sono
quanto di meglio esista. Un problema è rappresentato dalla
sicurezza fisica ed un altro dal fatto che vi sono situazioni
rispetto alle quali la messa in sicurezza è data unicamente dalla
riduzione della criticità del materiale. Se è liquido, occorre
solidificarlo; se è combustibile irraggiato nelle piscine, che è
considerato tra gli aspetti più pericolosi di tutte le centrali
nucleari, sia in funzione sia non operative, occorre allontanarlo
dalle piscine. Considerato che non c'è un deposito e che non può
essere messo a secco, noi lo portiamo all'estero per riprocessarlo;
ne abbiamo portato all'estero circa 1.300 tonnellate, e ne rimangono
235. L'operazione è autorizzata dal Ministero delle attività
produttive ed è una scelta che ho adottato sulla base anche del
parere di questa Commissione (non è la commissione del deposito, è
un'altra cosa: è una commissione costituita da 14-15
membri). Quanto al costo del cask, vi risponderà l'amministratore
delegato. Per quanto concerne infine la global partnership,
distinguerei diversi ambiti: uno nucleare, uno chimico, un altro
relativo all'impiego di scienziati russi in condizione di costruire
armi biologiche, chimiche e nucleari. Noi ci interessiamo di quello
nucleare per quella specie di «bomba ecologica» che esiste nel mar
Bianco e nell'oceano Artico (in particolare a Murmansk, nella
penisola di Kola, e presso Arkhangelsk), dove giace la flotta
sottomarina dell'ex Unione sovietica in condizioni di manutenzione
veramente penose. Ho già informato il Parlamento, e molti di voi
hanno potuto ascoltarci sui singoli progetti che abbiamo svolto.
Abbiamo approfittato della presenza in Mosca di un ufficio Sogin che
cura le nostre attività in loco per il decommissioning di centrali
russe. Si tratta di attività con la Russia volte a sistemare il
materiale radioattivo italiano: metalli ferrosi radioattivi, che
devono essere trattati in fonderie speciali (una è presente nei
pressi di San Pietroburgo). Appoggiandoci a questo ufficio, abbiamo
sviluppato - per incarico dei Ministeri degli affari esteri e delle
attività produttive, che guidano la nostra attività, ma soprattutto
attraverso il contributo di una serie di aziende italiane (l'Ansaldo
nucleare, la Camossi, la Duferco, la Fincantieri, la Techint, la
Fagioli) - una serie di progetti che hanno portato all'accordo del 5
novembre 2003. Tale accordo deve essere ancora ratificato dal
Parlamento: nei nostri accordi con i russi non è compresa la
menzione del deposito di materiali italiani in Russia. Per quale
ragione? Perché si tratta di accordi relativi allo smantellamento di
sommergibili nucleari, accordi standardizzati che rientrano
nell'ambito del G8, nel quale ricade la global partnership. Esiste
una legge russa, la n. 358 dell'11 luglio
2003...
DONATO PIGLIONICA. Non era quella che vietava il deposito di
materiali?
CARLO JEAN, Presidente della
Sogin. Vieta il deposito definitivo e
consente, tramite accordi intergovernativi, il deposito temporaneo.
I nostri amici russi sono sempre molto simili a noi, anche come
fantasia! Pertanto, il deposito temporaneo può arrivare fino a cento
anni. Conoscete la situazione italiana, per cui anche quando
allontaniamo il combustibile irraggiato ci sono preoccupazioni (la
gente si aggancia alle rotaie!); immaginate se dovessimo portare
tale materiale in Italia, anziché fuori dai confini italiani! Una
soluzione deve essere trovata: soluzioni per un deposito temporaneo
si trovano solo in Russia. Approfittando quindi dei rapporti molto
buoni, con la Russia e del personale che la Sogin ha in quel paese,
nell'ambito della global partnership, dovremo predisporre un
deposito per il materiale radioattivo dei motori nucleari dei
sottomarini. Il deposito sarà più grande e quindi riverranno
depositati altri materiali. Si pagherà probabilmente una locazione:
l'importante è risolvere un problema che in Italia non è
risolvibile. Vorrei ricordare tuttavia che l'accordo non comporta,
né può comportare, la dismissione dei materiali (vi sono stati dei
pour parler anche ad alti livelli). Quando il Parlamento ratificherà
l'accordo, cercheremo di predisporre un deposito alquanto
ampio.
TOMMASO SODANO. Mi sembra alquanto curioso che di questioni del genere
si sia discusso a livello di pour parler tra i vertici. Lei ci sta
dicendo quindi che non c'è un accordo, considerato che il decreto
del dicembre 2004 non autorizza a portare in deposito temporaneo i
rifiuti nella Federazione russa. Non comprendo quindi come si possa,
con tanta leggerezza, parlare di un deposito temporaneo. Lei ci dice
che i russi sono simili a noi: quindi il deposito temporaneo
potrebbe durare anche qualche decennio, senza alcuna autorizzazione
da parte del Parlamento.
CARLO JEAN, Presidente
della Sogin. Credo vi sia un equivoco al
riguardo. La global partnership riguarda un accordo del G8, che
viene standardizzato e non può riguardare alcun aspetto che non sia
quello della messa in sicurezza di questa «bomba ecologica»
costituita, nel caso particolare, dalla flotta sottomarina del nord
dell'ex Unione sovietica. Tuttavia, i rapporti che vengono
sviluppati consentono di accordarsi su altre forme di
collaborazione, come per esempio per lo smantellamento di centrali
russe. Una volta che si inizi a lavorare insieme, anche se in un
settore differente, si acquista una fiducia reciproca, e posso
assicurare che il personale della Sogin ha saputo conquistarsela, da
parte dei russi. Abbiamo ricevuto moltissime offerte; ad esempio,
abbiamo concluso un contratto per lo studio della messa in sicurezza
di una centrale nella penisola di Kola. Inoltre, è in corso uno
studio riguardante un'interconnessione tra i sistemi energetici
della Russia e dell'Unione europea e, molto probabilmente,
concluderemo anche questo contratto, se non interverranno pressioni
politiche da parte di Stati più grandi: mi riferisco alla Francia
che, quanto a pressioni, si distingue sempre! È una questione
interessantissima sia per il futuro dei nostri rapporti con la
Russia sia per lo sviluppo futuro della nostra industria. Tutto ciò
è stato possibile proprio perché si è iniziato a lavorare
assieme.
TOMMASO SODANO. Le rivolgo una domanda più puntuale alla quale, forse,
potrà rispondermi: all'interno della global partnership lei ritiene
che si possano portare in Russia anche le scorie rivenienti dal
processo di irraggiamento delle centrali italiane effettuato in
Inghilterra o in Francia?
CARLO JEAN, Presidente
della Sogin. Non all'interno della
global partnership - come ho già affermato in precedenza - ma a
fianco di essa, in attuazione della legge russa 11 luglio 2003, n.
358, che prevede la possibilità di deposito temporaneo. Questa
stessa possibilità è prevista dalla legge italiana, n. 368 del 2003,
che ha convertito in legge il decreto-legge n. 314 dello stesso
anno, il cui articolo 3 si riferisce sia al riprocessamento sia al
deposito temporaneo
all'estero.
PRESIDENTE. Non intendo soffocare il dibattito, presidente Jean;
tuttavia, non possiamo dilungarci eccessivamente perché dovremo
svolgere, successivamente a questa, altre due audizioni e, più
tardi, nell'Assemblea della Camera dei deputati sarà posta in
votazione la questione di fiducia.
CARLO JEAN,
Presidente della Sogin. Per quanto
riguarda le compensazioni territoriali, secondo la procedura
prevista dalla legge n. 368 citata, l'APAT comunica i dati al
Ministero dell'ambiente che, a sua volta, li comunica al CIPE, il
quale deve decidere. Perciò, la Sogin non c'entra affatto; tutto
questo lo so in quanto cittadino. Lo stesso dicasi per la
commissione dei 19 e per il commissario straordinario, che è un
organo completamente differente dal commissario delegato ai sensi
della legge sulla protezione civile per la messa in sicurezza. Non
sono stati nominati e dovreste chiederne la ragione alla Presidenza
del Consiglio dei ministri o ai Ministeri competenti. Volevo
precisare, senatore Sodano, che, in realtà, il decreto ministeriale
2 dicembre 2004 riguarda il combustibile irraggiato e non i rifiuti
di terza categoria; il combustibile irraggiato è quello che può
essere riprocessato, mentre i rifiuti di terza categoria non sono
riprocessati ma semplicemente condizionati e messi in
deposito. Per quanto riguarda le autorizzazioni, ho già risposto
trattando dei rapporti con la Federazione russa. Per quanto
attiene, invece, alla sicurezza del materiale e alla garanzia del
Parlamento, noi ci riferiamo ad un accordo internazionale denominato
con una sigla impossibile, l'MNEPR, concluso a Stoccolma e la cui
attuazione è giudicata in base all'accordo di Stoccolma. Per quanto
riguarda il materiale condizionato tolto dai sottomarini - mi
riferisco solamente ai sottomarini e non alle armi nucleari, perché
le testate nucleari rientrano non nella global partnership ma
nell'accordo denominato global threat reduction iniziative, di cui
gli Stati Uniti e la Russia sono parti - la Russia si impegna a
mantenerli in sicurezza, soprattutto contro furti, atti di
terrorismo e così via, secondo le norme internazionali che, poi,
sono le norme Euratom. Beninteso, la Russia è giustamente gelosa
della propria sovranità e vieta le ispezioni da parte di stranieri
ai suoi depositi anche di materiale nucleare. Non so se abbiate
notato come, in occasione del recente incontro, i due presidenti
abbiano bevuto parecchia vodka e parlato per cinque ore ma come,
sulla questione del controllo dei depositi, Putin sia stato
estremamente deciso nel rispondere di no. Già mi sono espresso in
merito alle compensazioni territoriali. Per quanto guarda le
risposte alle domande formulate dal presidente Russo, ritengo
opportuno che risponda l'amministratore delegato, ingegner
Bolognini.
GIANCARLO BOLOGNINI, Amministratore
delegato della Sogin. Vorrei sgombrare
subito il campo da un possibile equivoco che mi pare si possa essere
creato, forse perché mi sono espresso in modo poco chiaro. Quando ho
affermato che il deposito nazionale ci sarà fra dieci anni, non ho
detto che qualcuno ha già deciso che si realizzerà soltanto fra
dieci anni, per carità! Ho affermato che noi, prudenzialmente, come
ipotesi di lavoro, per poter organizzare una minima programmazione,
in mancanza di una data certa quanto alla sua disponibilità abbiamo
formulato l'ipotesi che il deposito non sarà disponibile prima di
dieci anni. Questa è cosa completamente diversa dal fatto che
qualcuno abbia potuto deciderlo. Spero vivamente, in qualità di
cittadino italiano, di essere smentito e spero che, magari, tra due
anni questo deposito sia stato già individuato e possano iniziare le
attività per realizzarlo. L'onorevole Piglionica chiedeva quanto
sia costato l'abbandono della strategia dello stoccaggio a secco nei
cask. Una cifra esatta non è possibile indicarla perché si tratta di
delineare, piuttosto, uno scenario. Premetto che non si tratta di
comparare economicamente due soluzioni altrettanto fattibili - per
cui vince quella che costa meno - in quanto soltanto una delle due
si è rivelata possibile e l'altra, invece, impossibile. Se non
altro, ciò toglie molta valenza ad una comparazione economica.
Precisato questo, le nostre analisi - che sono disponibili e
possiamo fornirle in una prossima occasione a questa Commissione,
come richiesto anche dal senatore Sodano - ci conducono ad affermare
che non c'è un reale aggravio economico nel cambiamento di
strategia.
DONATO PIGLIONICA. Non ho chiesto di conoscere la differenza tra i costi
dei due processi. Ricordo che era stato sottoscritto un accordo con
un'impresa tedesca. Ebbene, quando si recede da un contratto credo
che si debbano corrispondere le penali.
GIANCARLO
BOLOGNINI, Amministratore delegato della Sogin. Avevo capito male la domanda che, dunque, è molto più
circoscritta. Il contratto che avevamo concluso con la società
tedesca denominata GNB prevedeva la possibilità per la Sogin di
recedere senza oneri e, quindi, senza penali. Per quanto riguarda
Casaccia, attualmente sono in corso essenzialmente attività di messa
in sicurezza, perché il sito di Casaccia che abbiamo ereditato è
ancora funzionale e non c'è stato ancora il vero trasferimento della
proprietà dell'impianto all'ENEA.
DONATO
PIGLIONICA. Avete ereditato anche
Nucleco?
GIANCARLO BOLOGNINI, Amministratore
delegato della Sogin. Il caso di Nucleco
è diverso. Infatti, si tratta non di un impianto ENEA ma di un
impianto in cui ENEA partecipa al 40 per cento; noi non lo abbiamo
ereditato, ma siamo subentrati nel 60 per cento detenuto dall'ENI.
Oggi, la Nucleco è una società di proprietà della Sogin al 60 per
cento e non rientra nel problema del trasferimento, non fa parte di
quel pacchetto di trasferimento di ramo d'azienda da ENEL a Sogin
che, invece, ci sta ponendo alcuni problemi. Le attività in
Casaccia quindi sono essenzialmente quelle della messa in sicurezza
dei vari impianti. Sono in realtà tre impianti, che stiamo
ereditando: OPEC uno, OPEC due, e plutonio. Li stiamo mettendo in
sicurezza. Le attività di vero e proprio smantellamento non sono
iniziate, sono in corso di progettazione. Per quanto riguarda i
rapporti con ENEL, sappiamo tutti, se non altro dai giornali, che
l'Ente ha in corso alcune iniziative internazionali estremamente
interessanti, una delle quali consiste, in prospettiva, nella
partecipazione alla prima realizzazione francese di un impianto
innovativo nucleare, cosiddetto EPR, che si configura come un vero e
proprio ritorno della società ENEL al nucleare progettato,
realizzato ed esercito all'estero. Quindi, io ho già preso contatti
da diverso tempo con l'amministratore delegato di ENEL, ed ho
proposto una convenzione, un accordo di collaborazione tra l'Ente e
la Sogin che preveda il supporto, per la parte specificamente
nucleare, di tutte queste iniziative internazionali di ENEL. Tale
accordo, ancorché non ancora formalizzato (è in discussione, ma
penso che non ci vorrà molto tempo per essere formalizzato), è già
operativo nei fatti perché, per esempio, la due diligence degli
impianti nucleari che ENEL ha acquisito in Slovacchia, la
valorizzazione di questi impianti, è stata fatta dalla Sogin, con
soddisfazione dell'ENEL, la quale, lo ricordo, per potersi
aggiudicare questo contratto europeo ha dovuto dimostrare di avere
le competenze nucleari sufficienti a gestire in sicurezza gli
impianti nucleari, e le competenze che ha fornito consistono nel
supporto della Sogin. Quindi questo è ormai storia, diciamo. Per
le attività in Campania, nella relazione in appendice sono riportati
i risultati di una serie piuttosto cospicua, sia pure in termini
molto sintetici, di attività. Per quanto riguarda invece la
relazione relativa all'inquinamento di una falda profonda, che la
Sogin ha eseguito, essa è stata consegnata al commissario di Governo
che ce l'aveva commissionata, e anche al Ministero
dell'ambiente.
PRESIDENTE. Chiediamo di acquisirne
copia.
LORENZO PICCIONI. Un ultimo quesito. Le compensazioni territoriali
rientrano in quei 70 milioni di euro che sono stati tagliati, cui
non è ancora stato dato corso all'attività di
compensazione?
CARLO JEAN, Presidente della
Sogin. Il taglio è stato di 100 milioni,
trasferiti dall'aliquota 2 della tariffa elettrica al bilancio dello
Stato; di questi 100 milioni, 70 sono a carico della quota Sogin, 30
della quota compensazioni territoriali. Complessivamente, per ogni
anno, le compensazioni territoriali, secondo i parametri stabiliti
dalla legge n. 368, ammontavano circa a 45 milioni di euro all'anno.
Quindi, con il taglio di 30, le compensazioni territoriali rimangono
a livello 15, e le attribuzioni della Sogin sono circa dimezzate; ne
rimane circa il 60 per cento. Se le compensazioni territoriali
vengono fatte anche loro gravare sulla Sogin, allora il bilancio
Sogin si riduce praticamente a
zero.
PRESIDENTE. Nel
chiedere di acquisire gli atti relativi all'esame di quella falda
profonda, ringrazio il professor Jean, l'ingegner Bolognini e i
colleghi intervenuti non solo per la cortesia nell'essere qui, ma
anche per le utili indicazioni offerte. Alla luce delle informazioni
acquisite, credo sarà utile programmare un ulteriore
incontro. Dichiaro conclusa l'audizione.
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