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Blog di Tazio Borges
Diario di Bordo Arbitrario sull'Energia |
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1. Quale è l'attuale Consumo di Uranio e da dove Proviene? 2. Quante sono le Riserve di Uranio ? 3. Il confinamento delle scorie è un problema risolvibile ? 4. Possiamo considerare gli impianti nucleari sicuri ?
Nella seguente tabella sono illustrati per il 2009 e il 2014: la Produzione di Uranio, il Fabbisogno e il Saldo suddivisi per Paese.
Fonte: wise-uranium.org I deficit sono stati coperti da:
Gli Arsenali militari
di Uranio Altamente Arricchito (HEU Weapon-Grade – 93%), consistono in
1.842 Tons delle quali 1.070 in Russia, 700 negli USA, 30 in Francia, 21
in UK e 20 in Cina. Da 100 Tonnellate di HEU si ricavano 4.000 Tonnellate di LEU (Low Enriched Uranium) con le quali si possono alimentare 130 Reattori da 1.000 MW per un anno. Quindi teoricamente, ipotizzando che tutto l’arsenale militare mondiale venga smantellato, si possono ricavare 84.000 Tons di LEU sufficienti ad alimentare tutti gli attuali reattori civili per 8-10 anni.
- Risorse Ragionevolmente Assicurate (RAR) di
Uranio con costi di estrazione:
- Risorse Ipotizzate (Inferred) di Uranio con
costi di estrazione: - Risorse totali (RAR + Inferred): à 5.470.000 Tons. Fabbisogno mondiale attuale: circa 60.000 Tons per reattori civili + 5.000 Tons per i reattori navali.
La consistenza del parco totale attuale è di 438 reattori
civili (fonte IAEA) con 376.000 MW e 188 reattori navali con 17.500 MW (158 sottomarini, 9
portaerei, 2 incrociatori, 5 rompighiaccio). Ipotizzando la realizzazione di tutti i reattori programmati (34 unità con 34.000 MW) e tutti i reattori proposti (219 unità con 193.000 MW) per un totale di ulteriori 227.000 MW la durata delle risorse scende a 60 anni, sempre a tecnologia invariata e senza grandi incrementi nel riprocessamento. Diversa sarà la situazione se tra 30 anni potranno essere operativi i reattori di 4a generazione. Ma questa è un’altra storia.
Le Quantità in gioco
- Uranio complessivo prodotto (U3O8)
fino al 2014: 2.825.000 Tons Attualmente circa il 70% del combustibile esausto viene conservato presso le centrali stesse, immerso in piscine di raffreddamento per il primi 10-15 anni e poi in depositi a secco. (At Reactor Storage Pools). La tendenza è comunque di incrementare il cosiddetto “Away From Reactor Storage” al fine di ridurre gli enormi costi di manutenzione e di sorveglianza armata. La tendenza è di confinare le scorie in depositi geologici permanenti situati a grandi profondità Premesso che attualmente non esistono depositi geologici permanenti in funzione e che le scorie son accumulate in depositi provvisori, per lo più all’interno dei sedimi delle centrali nucleari stesse, le domande che si pongono sono:
Lo scopo del deposito geologico profondo è di fornire alle generazioni future, e soprattutto a quelle molto future, una protezione passiva dalle radiazioni, anche dopo la perdita della memoria del deposito stesso. Il deposito ideale dovrebbe essere situato in un’area stabile e dovrebbe essere abbastanza profondo da essere protetto dalle erosioni superficiali, dai cambiamenti climatici, dai terremoti e dall’intrusione umana per periodi superiori ai 10.000 anni. Ma soprattutto dovrebbe essere garantita la non circolazione di acqua, anche in piccole quantità che, corrodendo i contenitori con processi lunghi possono riportare elementi radioattivi nella biosfera. Inoltre, secondo l’opinione prevalente in ambito IAEA, prima di confinare il combustibile esausto in depositi geologici permanenti occorre tenerlo in superficie per almeno 50 anni per evitare alterazioni dovute alle alte temperature prodotte dalle scorie alle barriere geologiche stesse. Tutto questo è difficile da comprendere in quanto i tempi geologici sono molto più lunghi della vita umana e dunque il problema si sposta sul piano etico in quanto le nostre decisioni e azioni impatteranno sulla vita dei nostri nipoti e pronipoti. La nostra generazione beneficia dell’energia prodotta con il nucleare e il nostro dovere è di non lasciare debiti, ovvero gli effetti negativi che produrranno le scorie alle generazioni future. Non possiamo lasciare alle prossime generazioni il compito di trovare soluzioni a lungo termine ai nostri guasti e di pagare per rimediare ai danni che noi provochiamo. Cercare di trasformare i radionuclidi a vita lunga in elementi a vita più corta o in elementi stabili è sicuramente un’idea logica e da perseguire. Ma questo richiede ancora molto tempo e investimenti enormi. La tecnologia dei reattori auto-fertilizzanti si è dimostrata un flop e dopo la chiusura del Superfenix, reattore francese con il quale anche Enel ci ha rimesso un po’ di penne, sempre meno sforzi vengono fatti per sviluppare questa tecnologia. I reattori di quarta generazione non sono ancora nemmeno sulla carta e comunque anche il processo di transmutazione/incenerimento che dovrebbero realizzare questi reattori non porterà mai alla distruzione completa dei radionuclidi. Di fatto in 50 anni di attività scientifiche e industriali nel settore nucleare non siamo stai capaci di trovare una soluzione per la sistemazione dei rifiuti e sembra quindi ragionevole desistere dall’incrementare la costruzione di nuove centrali con questa tecnologia. Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica, sostiene infatti che l’attuale tecnologia nucleare è morta e che bisogna smettere di replicare le attuali centrali, ma investire in ricerca per utilizzare combustibili e reattori alternativi come i reattori al Torio.
Sul Forum aperto della AIEA (Agenzia dell’ONU per l’Energia Atomica) sul suo sito Internet, in occasione del ventennale di Cernobyl, si legge: “alla fine dei conti ne sono morti solo 61”. Più altri 9.000 che, secondo le stime ufficiali verranno colpiti nel corso del tempo da tumori e leucemie; meno dell’1 per mille in più rispetto alle attese. Nel 2009, gli accademici dell’Ucraine e della Bielorussia, dopo 10 anni di ricerche hanno pubblicato, sugli annali dell’Accademia delle Scienze di New York stime abissalmente diverse: tra i 212.000 e i 245.000 morti in più in Europa nell’arco di 70 anni a partire dalla data dell’incidente. La lista degli incidenti dagli albori dell’energia atomica fino ad ora è comunque impressionante: dal 1945 all’aprile del 2010 son stati classificati 571 incidenti a reattori civili e navali, che hanno causato 154 morti su oltre 4.000 persone sovraesposte. La IAEA, tuttavia, non entra nel merito dei danni alla salute a lungo termine, anche perché la materia è ancora controversa. La IAEA assieme all’OECD/NEA gestisce l’Incident Reporting System (IRS) in forza agli obblighi sottoscritti con la Convenzione internazionale sulla sicurezza nucleare, con l’intento di disporre di una banca dati mondiale e nella speranza di prevenire gli incidenti stessi, tramite la conoscenza dei fattori che li causano. Il sistema, tuttavia è rigorosamente riservato e le informazioni non sono divulgate. La IAEA sostiene peraltro che la restrizione incoraggia a rivelare i dettagli degli incidenti all’interno della comunità nucleare. No Comment. Ora, incidenti che hanno implicato perdita di materiale radioattivo ce ne sono stati parecchi; senza contare le decine di bombe atomiche che aerei militari americani, inglesi ed ex sovietici hanno letteralmente “perso” negli oceani di tutto il pianeta. Addirittura sono affondati ben 6 sommergibili nucleari, 2 americani e 4 dell’ex Unione sovietica, e qualcuno è sparito negli abissi oceanici con tutto l’equipaggio e le testate nucleari a bordo.
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